Lasciare una traccia del proprio passaggio su muri e monumenti antichi non è novità di oggi ma qualcosa di molto antico.
In alcuni casi luoghi simbolo della città son diventati nel corso dei secoli contenitori di tracce, di firme e graffiti di "writers" ante litteram. In tantissimi fra quanti visitavano Napoli amavano intrattenersi e visitare i luoghi mitici della tomba di Virgilio, prima di attraversare la crypta neapolitana per raggiungere Pozzuoli da Napoli. Anche Goethe passò da quelle parti e come lui in tanti. Alcuni lasciarono incisioni sopra le epigrafi antiche che ricordavano il celebre epitaffio di Virgilio (Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nuc Partenope, cecini pascua, rura, duces).
Sotto l'epigrafe posta nel 1668 dal vicerè Pedro d'Aragona a inizio della salita che porta alla presunta tomba di Virgilio si trovano decine e decine di firme ed incisioni: un Giuseppe Boba di Biella passato nel 1790, un tal Casper nel 1728, un cadeto Toncino, un G. Mahiev nel 1725, fra quelli i cui nomi son rimasti meglio scolpiti nella lapide di marmo.
Altre ancora sono le testimonianze che han quasi sovrascritto l'epigrafe posta proprio in corrispondenza dell'ingresso del colombario romano tradizionalmente ricordato come tomba di Virgilio. L'iscrizione, del 1554 ad opera dei canonici regolari lateranensi, riporta la frase (qui tradotta dal latino) "Quali ceneri? Queste sono le rovine di un sepolcro, vi è seppellito colui che un tempo cantò pascoli, campi e condottieri. Su questa sono tantissime le scritte risalenti ai secoli scorsi: un "Fonseca" del 1810, un Madiniller de Paris nel 1811, uno Stainsi Cecovi, un Mimel nel 1794, un Poletti e tantissime altre ancora.
Come già scritto, il percorso che porta dall'ingresso del parco alla tomba di Virgilio è disseminato di epigrafi più o meno antiche, a partire da quelle sopra citate, passando per quelle poste dagli aragonesi a descrizione delle opere di restauro effettuate all'interno della grotta di Pozzuoli, per arrivare a quelle in memoria di Giacomo Leopardi.
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