la dimora di un senza fissa dimora
Napoli - febbraio 2010
Napoli - febbraio 2010
Il rapporto fra i senza fissa dimora e la città che li ospita per un determinato lasso di tempo è sempre controverso, difficile e particolare. Non è raro incontrare "clochard" o "barboni" per le vie della città, intenti a chiedere l'elemosina o a cercare fra i rifiuti da noi buttati oggetti utili per il proprio sostentamento. In alcune zone della città, come accade un po' ovunque nel mondo, è frequente imbattersi in abitazioni di fortuna, una sorta di dimore dei senza fissa dimora, costruite da cartoni, materassi e coperte, aggregati in maniera apparentemente confusa con il solo scopo di offrire contemporaneamente un giaciglio caldo ed in qualche modo sicuro, che possa garantire, anche a loro, un minimo di privacy. Fra i posti "eletti" da questi uomini senza frontiere e senza nazionalità, che per scelta o necessità hanno intrapreso questo stile di vita, da oltre quindici anni va annoverata la "Posta Centrale". Nel corso degli anni un numero imprecisato di quelli che romanticamente vengono definiti con il francesismo "clochard", si sono alternati prima sotto il bel porticato antico, prolungamento del Chiostro di "via del Chiostro" (classico esempio di fantasia nella toponomastica) e poi, una volta sigillato questo da orride cancellate, in alternanza sotto gli ampi finestroni del piano terra degli uffici. Scrivo in alternanza perchè quelli delle Poste, nel corso di un paio di lustri almeno, hanno provato periodicamente a "ripulire" la zona, una volta provando con cancellate, un'altra decidendosi a riaprire spazi al pubblico chiusi da decenni, un'altra ancora con fioriere...eppure ogni volta qualcuno, sia costui italiano o mitteleuropeo, andava ad installare le proprie "cose" là sotto. Quanto riportato in foto non è nulla, giusto un giaciglio con qualche coperta, un paio di sedie, un cartone e l'immancabile bottiglia, nel corso degli anni il sottoscritto più volte ha visto nascere, crescere e poi essere puntualmente dopo un po' demolite dai pompieri, strutture in cartone tanto grandi da poter ospitare diverse persone per una notte.
Il cittadino che passa per via Monteoliveto è, al di là di ogni falso sentimentalismo o moralismo, pervaso da sensazioni fortemente contrastanti fra loro: si alternano infatti la compassione e la rabbia, sia per lo stato di propri simili, troppo spesso abbrutiti dall'alcool e violenti nei confronti degli innocenti cani che portano con sè, sia per le condizioni igienico-sanitarie in cui si trovano a vivere, che di fatto vengono estese anche a chi frequenta le stesse zone. E' infatti evidente e vero che ci siano esempi di clochard che amano i propri animali e che evitano di arrecare fastidio ai passanti, vivendo in discreta armonia con le realtà sociali che hanno deciso di sfiorare nella loro vita nomade, così come ci sono esempi di persone che aggrediscono i propri vicini, siano essi altri clochard o passanti, e che picchiano selvaggiamente i cani che vivono con loro. Troppo spesso in passato si è assistito a scene di violenza fra clochard o nei confronti di senza fissa dimora da parte di gruppi di estrema destra o di sbandati... accanto ai normali servizi di assistenza offerti da diverse associazioni noprofit, laiche o religiose, (link alla guida "DOVE mangiare, dormire, lavarsi della Comunità di Sant'Egidio), sarebbe opportuno che le autorità incrementassero la vigilanza ed il controllo proprio nelle zone dove abitualmente tali persone posizionano i loro giacigli, per garantire a loro ed a chi, volente o nolente, viene con loro in contatto, una vita in condizioni igienico - sanitarie valide, sicura, senza che vi siano rischi di incendi nè di scene di violenza. Basterebbe che le zone da loro occupate fossero con cadenza settimanale lavate, pulite e disinfettate e che ci fosse un controllo costante, di notte come di giorno, delle zone più pericolose, per evitare che situazioni al limite possano degenerare, nel rispetto delle scelte di vita di tutti, sia di chi ha scelto una vita nomade (è un proprio diritto), che di chi ha scelto una vita stanziale.
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